Chirurgia vascolare

La chirurgia vascolare è una disciplina che studia la patologia delle vene, delle arterie e dei linfatici.

Essa si inserisce nel vasto capitolo delle malattie cardiovascolari con le quali sono spesso strettamente correlate.

 

Nel mondo occidentale oltre il 60% delle persone soffre di una malattia venosa cronica che si può manifestare come  “capillari“ (teleangectasie), varici, trombosi venosa superficiale (tromboflebite o varicotromboflebite) o profonda. Queste ultime sono particolarmente temibili perchè, oltre a dare significativi e durevoli disturbi, possono evolvere in un’ embolia polmonare che richiede sempre un ricovero ospedaliero essendo talvolta mortale. Considerando che la trombosi venosa o flebite spesso è correlata alla presenza di vene varicose si può comprendere l’importanza di curarle prima che si creino gravi complicanze. Attualmente all’esame clinico degli arti inferiori, ai più colpiti dalle malattie delle vene, si fa seguire un esame EcoDoppler, metodica semplice, non invasiva e ripetibile per i successivi e necessari controlli sia per monitoraggio nel tempo sia per verificare i risultati dei vari interventi terapeutici. In caso di intervento chirurgico è indispensabile per stabilire come e a che livello intervenire. La terapia delle varici oggi è personalizzata a seconda del quadro clinico e del bilancio lesionale. Disponiamo di tutta una gamma di interventi che vanno dalla semplice indicazione a  “chiudere“ la vena iniettando una sostanza lesiva per la parete venosa (scleroterapia) attraverso varie modalità, alle soluzioni chirurgiche (semplici asportazioni di segmenti venosi dilatati, le cosiddette flebectomie; safenectomia con stripping e rimozione delle vene safene e dei loro collaterali; tecniche ablative con laser o radiofrequenza sotto controllo ecografico).

E’ significativo notare che oggi queste procedure sono molto meno invasive e assai meno dolorose di un tempo essendo praticate in anestesia locale o spinale e con tempi di degenza molto brevi, addirittura di poche ore in molti casi, con conseguente rapido rientro a domicilio e ripresa dell’ eventuale attività lavorativa. Ove non vi sia indicazione chirurgica si impone una terapia conservativa con farmaci, somministrati prevalentemente durante la stagione calda, e, soprattutto, con la calza elastica tenendo presente che la terapia compressiva è fondamentale per tutte le malattie delle vene e dei linfatici e si associa sempre e comunque a tutti gli altri provvedimenti perchè controlla l’edema che accompagna e accentua tutti i sintomi (senso di peso e di tensione dolorosa) delle malattie venose. A meno di casi specifici, l’elastocompressione non viene prescritta nella stagione estiva poiché poco tollerata alle nostre latitudini. In caso di trombosi/flebite si deve procedere all’esame EcoDoppler prima possibile per confermare il sospetto clinico e iniziare subito una terapia anticoagulante associata ad un bendaggio compressivo fisso o ad altra forma di compressione.

Quanto prima si cura una flebite tanto più si prevengono le complicanze e si aumenta  la probabilità di una ricanalizzazione della vena ostruita dal trombo. Accanto a queste strategie occorre il controllo dell’eccesso di peso e la correzione dei disturbi nutrizionali nonché, in casi specifici, la terapia fisica svolta con diverse metodiche atte a correggere difetti di appoggio plantare e di postura con l’obiettivo di migliorare la deambulazione e, conseguentemente,  il ritorno venoso.

Infine le flebopatie possono causare ulcerazioni molto dolorose se si infettano e sono durevoli nel tempo. Esse richiedono, oltre ad una diagnosi corretta, l’impiego di medicazioni specifiche e/o dispositivi medici e farmaci che favoriscano la cicatrizzazione e curino o prevengano la sovrapposizione batterica, sempre unitamente a bendaggi compressivi multistrato e multicomponenti. In casi specifici si interviene chirurgicamente con la correzione dell’emodinamica venosa alterata e/o con innesti cutanei di vario tipo.

 

Fortunatamente meno frequenti (6-10 %) ma più complesse ed invalidanti sono le malattie delle arterie ovvero le arteriopatie obliteranti periferiche croniche che condizionano disturbi alla deambulazione che vanno dalla semplice necessità di fermarsi dopo un certo numero di passi per  un crampo al polpaccio fino alla comparsa di dolori a riposo e di gangrena con grave rischio di perdita dell’arto. Analogamente l’ostruzione o il restringimento (stenosi) di una carotide, vaso che irrora il cervello, può determinare o un’ ischemia transitoria con lievi disturbi neurologici o un ictus con infarto cerebrale e danni permanenti alla parola o agli arti con radicale cambiamento della qualità della vita del paziente e dei suoi famigliari. In tutti questi casi si esegue un esame EcoDoppler degli arti inferiori e dei Tronchi Sopraortici e un esame angiografico durante il quale spesso non solo si verificano le sedi di stenosi e/o di ostruzione ma anche si può intervenire dilatando con tecnica endovascolare ed applicando dispositivi (stent) che impediscono la richiusura o retrombosi del vaso stenotico e ristabiliscono un flusso normale o più efficace. Altri casi necessitano di una chirurgia aperta con tecniche di By pass per oltrepassare l’ostacolo rappresentato dall’arteria ostruita. Si tenga presente che la malattia aterosclerotica è la causa di questi quadri steno-ostruttivi nella maggior parte dei casi. Essa colpisce invariabilmente e simultaneamente anche le coronarie in oltre il 35 % dei casi e che molti fra questi  pazienti sono cardiopatici, anche con pregressi infarti, ipertesi, fumatori, diabetici, dislipidemici (con ipercolesterolemia ed ipertrigliceridemia), in eccesso di peso, con attività fisica scarsa o limitata mentre lo stress spesso svolge un ruolo peggiorativo. Tutti fattori di rischio che vanno considerati anche in termini di prevenzione, specialmente in soggetti predisposti per tipo di vita o per familiarità positiva che dovrebbero sottoporsi periodicamente a controlli anche se asintomatici.

 

La terapia farmacologica, antiaggregante o anticoagulante o vasodilatante è fondamentale e va accuratamente monitorata con almeno due controlli annuali. L’astensione dal fumo è altrettanto obbligatoria come l’esercizio fisico, oggi anche programmabile con opportune tabelle ed esercizi da parte di personale specializzato.

 

Altro aspetto è la patologia dilatativa delle arterie ovvero il capitolo degli aneurismi. Essi colpiscono soprattutto l’aorta addominale (sottorenale), tendono ad aumentare di volume e, se superano i 5 cm di diametro, possono andare incontro a rottura con emorraggia interna e morte in oltre l’80 % dei casi. Rappresentano un’urgenza o un’ emergenza chirurgica. Richiedono l’immediato ricovero in ambiente altamente specializzato ove si possa intervenire o con una procedura classica aperta o inserendo un’ endoprotesi evitando l’apertura dell’addome con conseguente risparmio di tempo e riduzione della mortalità intraoperatoria e delle complicanze post-operatorie. Tutto dipende dalla tempestività della diagnosi e dell’intervento ma ancora di più dallo screening essendo gli aneurismi quasi totalmente asintomatici fino alla fissurazione o alla rottura. Se riconosciuti in tempo nell’ambito di una visita vascolare o cardiologica, specie in pazienti con familiarità positiva o vasculopatici noti o se l’aneurisma è stato scoperto casualmente durante un’ecografia eseguita per altri motivi si possono monitorare nel tempo se ancora di esigue dimensioni o operarli in elezione, anche con procedure mini-invasive, con ottimi risultati e rischi estremamente ridotti.

 

Infine una patologia di nicchia è rappresentata dai rari linfedemi nei paesi occidentali oggi associati spesso a neoplasie operate che hanno richiesto l’asportazione dei linfonodi locoregionali. Esempi classici sono il cosiddetto “grande braccio post-mastectomia“ e il linfedema dell’arto inferiore dopo lifoadenectomia per tumori pelvici dell’apparato genitale femminile o della prostata.

Questi linfedemi si avvalgono della terapia decongestiva combinata: drenaggio linfatico manuale, elastocompressione con tecniche e materiali specifici a cui segue un programma di mantenimento, schema dietetico e terapia farmacologica, anche a cicli.

 

Come si è delineato, le malattie vascolari periferiche devono essere correttamente diagnosticate e specificamente trattate ma sempre dopo averle inquadrate nel contesto delle malattie cardiovascolari e nell’ambito di una valutazione clinico-strumentale generale del paziente per permettere una strategia mirata e personalizzata con la finalità di ottenere il migliore risultato possibile con tutti i mezzi, oggi molteplici ed innovativi per ridotta invasività, sia per ciò che riguarda la terapia conservativa che quella chirurgica. Importante infine la fisioterapia riabilitativa e preventiva.

 

Dr. Piero Bonadeo

Resp. Amb. Ospedale “SS. Antonio e Margherita” – Tortona